lunedì 9 dicembre 2013





Il nome "Casamurada" (Ca' Murà) appare per la prima volta in un documento del 1034, scritto da A. Gloria (Codice Diplomatico), il testo riporta che; il vescovo Bernardo dona al monastero di S. Giustina di Padova terre fruttifere con il diritto di riscuoterne le decime; pur non essendovi riferimenti precisi si suppone che all’epoca il piccolo monastero appena sorto fosse una “cella” dell’ordine benedettino, si tratta di piccole comunità extraurbane che nascevano come sorta d’avamposti precedentemente alla costruzione nella medesima zona di un complesso monastico di maggiori dimensioni; nel 1110, infatti venne completata l’abbazia di S. Stefano nel vicino comune di Carrara S. Stefano. Eretta sulle rovine di un precedente monastero fondato da Bernone nel 910 e osservante la regola di S. Benedetto dell’ordine di Cluny; Tale luogo acquisirà con il passare dei secoli una sempre maggiore importanza nella vita religiosa della zona. La presenza di questo importante impianto a Carrara potrebbe giustificare l’appellativo di “cella” che viene conferito a Camurà. La caratteristica extraurbana di questo luogo è legata all’esigenza di sanare aree malsane, in effetti pare che Camurà sia stata inizialmente occupata da monache benedettine che avevano il compito di “roncare”, diboscare, e pulire la zona che era prevalentemente paludosa; si legge in una nota della visita Pastorale datata 1449; “Nota che nel villaggio di Camurà c’è una certa chiesa di S. Stefano di Camurà che un tempo fu monastero di monache, ora invece è chiesa campestre senza cura d’anime: ha come reddito annuo tre moggia di frumento e altri tre moggia da quartesi”. Questo monastero era attiguo all’oratorio e l’impianto era recintato da un muro le cui tracce erano visibili fino a cinquant’anni fa. Questo complesso può giustificare il toponimo dato alla località; “Casamurada, Camurata, Camurà, Ca' Murà”, viene chiamata in molti modi nei vari documenti, la radice però è sempre la stessa e potrebbe essere parafrasata come “casa di muro o forse casa cinta dalle mura”. La consacrazione a S. Stefano ne attesterebbe l’origine Benedettina; infatti i monaci considerano il Santo, come modello da seguire essendo uno dei primi sette diaconi scelti dagli apostoli, e il primo, in ordine di tempo, a subire il martirio per sostenere la fede di Cristo; la Chiesa gli ha conferito il titolo di “protomartire”. La Chiesa nel primo ventennio del 1200 passò dai monaci ai frati francescani, da “cella” ad “arcella” (termini differenti per indicare una stessa funzione d’uso d’insediamenti monastici e francescani). Nel testamento di una certa donna Zampasa datato 1220, riportato dal vescovo D. Dell’Orologio e presente nell’archivio del Santo, sono menzionati due monasteri di frati minori uno a Curtarolo ed uno a Camurà; nello stesso anno. S, Francesco d’Assisi è di ritorno dall’Oriente, approda a Venezia arriva a Padova, per poi attraversare il Veneto, l’Emilia e la Toscana, visitando e portando conforto ai conventi che vi esistevano; “Camurà, Curtarolo, Camposampiero, Arcella, Padova, Pernumia, Monselice, Este, Montagnana, Piove di Sacco,…”. Tra il 1227 e il 1230 Sant’Antonio è ministro provinciale per l’Italia settentrionale e dal 1229 abitò nella chiesetta di S.Maria Materdomini a Padova; è molto probabile che possa aver visitato il convento di Camurà, che negli anni successivi 1238, 1253, 1259, 1254, 1264, godette d’ingenti lasciti di vari personaggi illustri, tra i quali spunta, nel 1238 la figura del terziario francescano Buffono di Bertolotto che lascia al convento di Camurà 100 soldi perchè provveda alla “fabbrica”della Basilica del Santo (1232-1267). Dispone; “ogni anno per venti anni cento soldi per le vesti e due moggi padovani di frumento per il pane e un carro di vino e cinque congi padovani di vino finchè però i frati minori abiteranno ivi”. In un documento del 1297 si legge che la chiesa è in buone condizioni con un suo rettore Bonifacio con il titolo di priore, la cui presenza fa pensare ad un possibile ritorno dei benedettini. Nei secoli successivi, si assiste ad un degrado economico e ad una riduzione demografica sotto il dominio della Repubblica Serenissima, dopo la sconfitta dei Carraresi. Per quel che ci è dato a sapere da un documento del 1449 anche la chiesa di Camurà è in forte degrado, probabilmente intorno al 1400 era stato incorporata alla parrocchia di Bertipaglia, pur conservando possedimenti propri. La situazione non dovrebbe essere molto cambiata nemmeno nel 1500, come attestato dalle Visite Pastorali di quegli anni: “avea quella chiesa (Ca’ Murà) la cura delle anime di poche famiglie per il consenso del rettore di Bertipaglia" (1572), ciò che le proibì il Vescovo nel 1588, dopo la relazione della visita Pastorale del 7 maggio; “nella suddetta Chiesa, per povertà del popolo e per la negligenza del Rettore non si conserva il Ss.mo Sacramento. L’attuale Rettore è il Reverendo Sacerdote Ludovico de’Tironi,...in età di anni 85...”. Nel 1589 Papa Sisto V affida il beneficio di Camurà ai Canonici Illirici, i quali, dopo questa data, costruirono il campanile. Nella Visita Pastorale del 1572 viene riportata in modo preciso la descrizione della Chiesa al suo interno: “Questa chiesa ha due altari vale a dire l’altar maggiore ad oriente e quello della beata Maria a settentrione; ha due porte, una a meridione e una a settentrione. Ha sette finestre in tutto, cinque a meridione, una ad oriente e la restante ad occidente: tutte quante sono mancanti di vetri. C’è un cimitero chiuso biancastro sopra al quale ci sono molte viti e piante. C’è una campana sul tetto alla sinistra dell’altar maggiore. La chiesa ha molte crepe e il tetto ha bisogno di restauro con tegole ”. In un altro resoconto si legge: “Non è presente una fonte battesimale. C’era una specie di labbro o vaso di pietra in cui si conservava l’acqua battesimale, ma da due o tre anni è stato rimosso il suddetto vaso e gli infanti (da battezzare) portati alla chiesa di S.Mariano di Bertipaglia, su ordine del vicario” (1588). Infine, dei primi anni del 1600 un altro frammento di descrizione, riportata in “Descrilft’one Padoa e suo territorio” ad opera di A. Cittadella, “...Cà mura o casa murada e con battuti tavel. Lungo 40 largo 16 ha tre altari calici, due campane e fa festa a S. Stefano il suo monastero è comendato...”. Nel 1655 in seguito ad una visita alla Chiesa il Vescovo di Padova G. Cornaro ordina che “non vi si eserciti più cura d’anime, il battistero e l’altro sia porta in parrocchia e nella chiesa si celebri solo la messa”, tutto ciò costatandone anche la poca distanza dalla parrocchia di Bertipaglia. Nel 1700 la Famiglia Petrobelli avendo i sui possedimenti in quella zona propose al Capitolo dei Canonici Illirici una permuta della Chiesa, “cogli assunti oneri della manutenzione della chiesa e delle fabbriche di Camurà siasi ancora obbligata di mantenere un sacerdote presso la detta chiesa per la Messa festiva, avendo questa Famiglia la propria convenienza di godere di questa celebrazione, attesa la vicinanza della propria abitazione, come in fatti si è sempre verificato, che a cura e dispendio di detta Nob. Famiglia vi sia stato un Sacerdote, e la celebrazione della Messa nei dì di festa”. La permuta fu accettata dal Capitolo Illirico e rimase valida fino al 1845, quando il mandato ritornò ai Reverendi Canonici Illirici di Roma, a seguito di innumerevoli dispute sorte tra la famiglia Petrobelli e il Capitolo Illirico, a causa di alcune libertà che entrambi si sarebbero presi nei confronti della Chiesa, senza consultarsi. Nel 1847 però il Canonici Illirici non erano più presenti nell’edificio, infatti al mantenimento del cappellano provvedeva il Sig. Lorigiola che teneva in affitto molti campi in Camurà. L’ultimo mansionario investito del beneficio di Camurà fu Don Giacomo Rigoni di Asiago che rimase in carica fino al 1898. Nel 1899 infatti furono posti all’asta dal Demanio, Chiesa, casa e campi, che vennero acquistati dal parroco Don Gottardo Bellan, con soldi a lui prestati dal Cardinale Callegari. Nel 1921 in una dichiarazione alla Curia Don Gottardo Bellan attesta che “ lascerà chiesa, casa e campi al Vescovo o chi destinato da esso, affinché non cadano più in mano dello Stato”. Il 2 settembre 1921 la pala in tela dell’altare, posta rappresentante S. Stefano e S. Eurosia, “raffigurata con i capelli irti a protezione dei campi dalla tempesta”, posta sul lato est dell’abside venne spostata sopra la porta del alto sud, per far posto ad una statua della Madonna Addolorata. Nella stessa Visita Pastorale si legge che:“...furono restaurate le porte, rimessi i vetri, imbiancata la navata e anche il presbiterio con differente tinta e riparate le due grandi finestre...”. Nel 1927 Don Gottardo Bellan lascia in successione casa e campo al fratello Don Antonio Bellan, il quale nel 1938 li vende a Orsati Albano per ricavarne i soldi da restituire al Vescovo. La Chiesa ricompare in un atto 1958 in cui è data in successione da Don Gottardo Bellan a Don Antonio Bellan. Il 4 febbraio 1969 con atto dispositivo “il Reverendo Padre Antonio Bellan lasciò la Chiesetta di Ca’ Murà alla Chiesa parrocchiale di Bertipaglia”. La Curia nel 1972 “assegna in perpetuo alla Famiglia Petrobelli-Chiesa l’antica Chiesetta Oratorio pubblico di Ca’ Murà, a condizione che rimanga aperta al culto pubblico e che al Parroco pro tempore di Bertipaglia ne sia consentito l’utilizzo per eventuali funzioni religiose”.


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F.A.I. - I LUOGHI DEL CUORE